lunedì 13 febbraio 2017

             QUANDO IL NONNO NON C'É PIÚ




Ognuno di noi sa che quando un componente della propria famiglia o un caro amico sta per morire, si prospetta purtroppo un periodo estremamente delicato per le persone che restano, grandi o piccine che siano. Le cose che il bambino non conosce lo spaventano ed è proprio per questo motivo che è importante rispondere alle sue domande e dedicare tempo ad ascoltarlo.
Generalmente si pensa che un bambino non sia ancora in grado di comprendere appieno il concetto della morte, oppure si pensa che sia per lui un dolore troppo grande da sopportare, per questo si sarebbe automaticamente portati a cercare di proteggerlo. In realtà, i bambini sono in grado di comprendere benissimo il concetto della morte, se viene loro spiegato adeguatamente in base all'età, altrettanto bene sanno gestire la situazione, spesso molto meglio degli adulti. Non va dimenticato che anche i bambini hanno bisogno di fare i conti con la propria sofferenza, provano le stesse emozioni degli adulti e hanno lo stesso bisogno di comprendere chiaramente la situazione.
Ciò che il bambino è in grado di capire della morte, dipende dalla sua età, dalle sue caratteristiche personali e dalla relazione che aveva con la persona che sta per morire.
I bambini più piccoli si sentono generalmente molto confusi e non comprendono del tutto ciò che sta accadendo, hanno bisogno di essere rassicurati, abbracciati, baciati e coccolati.
I bambini tra i 3 ed i 5 anni vedono la morte come una partenza momentanea e pensano che la persona morta tornerà. Sono generalmente abituati a guardare cartoni animati in cui il loro eroe viene fatto scoppiare in mille pezzi, viene schiacciato o cade in un burrone, ma dopo due secondi ricompare miracolosamente vivo e pronto per nuove avventure. Quando tuttavia la morte li interessa da vicino, vivono intensamente la perdita, vivono intensamente il dolore perché sono già in grado di capire che cosa sia la sofferenza. I bambini intorno ai 5 anni si mostrano spesso incuriositi dagli aspetti fisici e biologici della morte.
I bambini tra i 7 e gli 8 anni hanno un’idea più realistica della morte, uno dei problemi maggiori è dato dal fatto che non sono in grado di capire e identificare le loro emozioni. Potrebbero regredire in abilità precedentemente acquisite e diventare aggressivi con i compagni o sfogare la loro aggressività verso giocattoli e altri oggetti. Non dimentichiamo che spesso il bambino, soprattutto il bambino piccolo, tende a utilizzare il proprio comportamento, più che le parole, per comunicarci ciò che prova; potrebbe succede che ritorni a fare pipì a letto o a succhiarsi il dito, che manifesti rabbia o morda gli amichetti.
I bambini tra gli 8 e gli 11 anni vedono la morte come la fine delle funzioni vitali, per esempio come assenza di respiro o assenza di battito cardiaco. Anche a questa età i bambini non sanno riconoscere in modo chiaro le emozioni che provano e potrebbero esprimere rabbia e dolore con i compagni o con i familiari attraverso comportamenti aggressivi o tipici di quando erano più piccoli.
I bambini dagli 11 anni in su sono in grado di comprendere la morte in termini adulti, vanno pertanto trattati come tali, ricordando che spesso hanno difficoltà a gestire ed esprimere le proprie emozioni, proprio come accade per gli adulti.
E’ essenziale che diciate sempre la verità al bambino su quanto sta accadendo, anche nel caso che si mostri arrabbiato o indispettito quando iniziate a parlargliene. I bambini più piccoli possono essere spaventati dall'idea di aver potuto in qualche modo causare la morte della persona cara con i propri pensieri o per essersi arrabbiati in qualche momento: rassicurate vostro figlio dicendogli che la morte non è assolutamente in relazione con lui.
Il bambino può essere molto preoccupato ed impaurito dal pensiero che qualcun altro della sua famiglia potrebbe morire o dal fatto che se perde uno dei genitori potrebbe perdere anche l’altro. 
I bambini dovrebbero essere incoraggiati a esprimere liberamente le proprie emozioni e a piangere. Il pianto, infatti, non rappresenta unicamente la manifestazione di un’emozione, ma stimola la produzione di sostanze chimiche che agiscono da fattore calmante.
Piangere è importante in uguale misura sia per i bambini sia per le bambine.
Potete decidere tranquillamente di portare il bambino al funerale se siete certi che a questo ci siano manifestazioni di dolore "contenute", in caso contrario meglio lasciare il bambino a casa. Comunque sia, si consiglia, dopo la cerimonia, di trascorrere del tempo con il proprio figlio facendo qualcosa di allegro (parco giochi, mangiare un gelato…) a dimostrazione che la vita continua.
Per quanto riguarda "come comunicare" la che qualcuno non c'è più, qualunque sia la strategia che si decida di attuare, l'importante è non essere evasivi di fronte alle loro domande. Saranno domande secche, dirette, spietate. Ma i genitori non devono mai rispondere con frasi del tipo: “Lo capirai quando sarai grande”, o “Questa è una domanda complicata adesso, vedrai che un giorno ne parleremo”. Occorre trovare il modo più affine al proprio modo di pensare e con estrema delicatezza dare risposte esaurienti ai propri figli. Anche raccontare storielle fantasiosi e consolatorie può non essere sbagliato quando si ha a che fare coi bambini. In fondo ogni anno a dicembre non raccontiamo loro la storiella di Babbo Natale? E allora ben vengano, finché si parla con i piccini, le storielle che addolciscono la pillola.
Uno psicoterapeuta racconta di avere usato col proprio bambino la "storia della stellina" quando mancò suo nonno al quale era molto legato. Gli raccontó che ogni sera il nonno passava a mangiare il panino al salame messo per lui sul davanzale della finestra. Il mattino, non vedendolo più, il figlio era più sereno.
Non dimentichiamo, infine, che la morte, per quanto dolorosa sia, è una componente della vita e per affrontare al meglio la separazione servono affetto, sincerità e tanto, tanto tempo.

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